Con la sentenza n. 15331 (udienza del 6.02.2020), le cui motivazioni sono state depositate lo scorso 19 maggio, la Corte di cassazione si è pronunciata in modo estremamente innovativo in tema di esame incrociato, estendendo anche al giudice il divieto di porre domande suggestive al teste finora ritenuto applicabile solo alle parti processuali.
La norma di cui all’art. 499 c.p. fa divieto di formulare domande “che possono nuocere alla sincerità delle risposte” (cd. domande “nocive”: finalizzate a manipolare il testimone, fuorviandone la memoria), nonchè, nel corso dell’esame condotto dalla parte che ha richiesto la citazione di quel teste, di porre domande “che tendono a suggerire le risposte” (cd. domande “suggestive”).
Se finora l’orientamento della Cassazione era quello secondo il quale “nel corso dell’esame testimoniale, il divieto di porre domande suggestive non opera con riguardo al giudice, il quale può rivolgere al testimone qualsiasi domanda – con esclusione di quelle nocive – ritenuta utile a fornire un contributo per l’accertamento della verità” (si veda, ex multis, Cass. Pen., Sez. III, n. 27068 del 20.05.2008), con la sentenza in commento assistiamo ad un revirement degno di nota, che speriamo possa portare ad un orientamento giurisprudenziale che si muova in questa direzione: ora si afferma che, a maggior ragione, il divieto di porre domande suggestive debba applicarsi anche al giudice, proprio perchè al giudice spetta il compito di assicurare, in ogni caso, la genuinità delle risposte ai sensi del comma 6 della medesima disposizione.
Come ben evidenziato dalla dottrina, il ricorso alle domande suggestive, consentito per la parte che non ha introdotto il teste, è “lo strumento più efficace di cui può legittimamente disporre la parte nel controesame per scardinare o quantomeno porre in dubbio la credibilità del testimone a lei avverso; ma altrettanto non può valere nell’esame condotto dal giudice che, proprio per la sua estraneità agli interessi di parte, non deve coltivare alcun rapporto di ostilità con il teste; qui non c’è ragione per derogare al divieto di domande suggestive”[1]
[1] Paolo Ferrua, 2012. Domande nocive e domande suggestive tra equivoci del legislatore e contrasti giurisprudenziali, in Diritto processuale contemporaneo 4/2012.
Scritto da avvocato Luisa Morelli