Luisa Morelli scrive il suo Blog

Il dialogo che guarisce

Il mese di ottobre è iniziato in modo assai significativo per me: venerdì primo ottobre ho avuto la fortuna e il piacere di partecipare ad una conferenza promossa dall’Associazione Il Filo e dal Comune di Cologne, dal titolo “Il dialogo che guarisce”, un incontro, tanto speciale quanto straordinario, tra Agnese Moro e Franco Bonisoli sul tema così attuale della giustizia riparativa, che diventa il tema dell’ascolto e del riconoscimento del dolore dell’altro, il tema dell’importanza del dialogo tra due persone che hanno molto sofferto.
È stata senza dubbio una serata fuori schema, capace di evocare sentimenti profondi che non si dissolveranno tanto facilmente nel tempo.

Vorrei provare a raccontarvela.

Agnese Moro ha preso la parola per prima, precisando subito che è stato un percorso di tanti anni, trattandosi di una esperienza che richiede tanto tanto tempo. Il suo stesso racconto di quella sera fa parte integrante del suo lungo percorso, iniziato a fine 2010 con una proposta che le è stata fatta: Padre Bertagna è venuto personalmente a cercarla, porgendole una mano, alla vigilia di Natale del 2010, “consapevole del suo inferno interiore” che lei stava ancora vivendo, a più di quarant’anni dall’attentato a suo padre.

“Affezionata alla sua identità di vittima”, inizialmente Agnese Moro non ha accettato la proposta di creare un luogo dove incontrarsi e parlare, con i familiari delle altre vittime, ma anche con “loro”, i colpevoli. Padre Bertagna non si è arreso e alla fine è riuscito nel suo intento. I primi incontri sono stati solo con i familiari delle altre vittime, alla presenza dei mediatori professionisti Guido Bertagna, Adolfo Ceretti e Claudia Mazzuccato, che hanno predisposto una lunga preparazione preliminare degli interlocutori affinchè potessero davvero essere pronti all’ “incontro”.

La fiducia di Agnese è stata subito rafforzata dal fatto che fossero tutti “disinteressati”: tante persone li stavano sostenendo e stavano investendo il loro tempo solo ed esclusivamente per farli “tornare a vivere”, in un luogo sicuro, rispettoso e non giudicante.
Agnese ci tiene ad evidenziare che l’incontro è fatto di volti, volti fatti di sentimenti, di storie che vi si leggono sopra e di “vita riconquistata”; è fatto di parole, parole dette e parole ascoltate in modo assennato. L’ascolto è molto difficile e molto complicato, ma si può davvero ascoltare solo se ci si disarma e “loro”, al termine delle loro pene, si sono presentati totalmente disarmati.
Agnese aggiunge che un intero anno di lavoro è stato dedicato soltanto alle parole: ogni parola poteva ferire l’altro.

Dalle parole di Agnese Moro si capisce che i presupposti per una vera giustizia riparativa sono, anzitutto, la volontarietà, ma anche l’ascolto, l’essenzialità, la gratuità e la riservatezza. Solo così si possono creare dei legami davvero speciali. Molteplici i punti di contatto tra quanto detto da Agnese Moro e quanto raccontato, in modo ancora più sofferto ed emozionato, da Franco Bonisoli, che ha subito precisato di avere una responsabilità molto grossa rispetto alla Storia: anche da questa parte un “inferno personale” altrettanto difficile da sopportare, dovuto al grande senso di colpa che incatena al passato e che non consente di guardare avanti; era necessario trasformarlo in un senso di responsabilità e ciò si è reso possibile attraverso il dialogo con le vittime.

Delle vittime Franco Bonisoli evidenzia che anche loro si sono presentate disarmate: senza alcun rancore e senza nessuna supponenza. Essere capito nel profondo come persona, con rispetto e grande riconoscimento umano è stato per lui eccezionale. Alla presenza di due sofferti testimoni del loro tempo, è stato possibile rileggere una delle pagine più cupe della nostra contemporaneità sotto una diversa luce, una luce discreta che apre al dialogo e alla pietà per l’altro.

Per approfondimenti suggeriamo la lettura del “Libro dell’incontro – Vittime e responsabili della lotta armata a confronto”, a cura di Guido Bertagna, Adolfo Ceretti e Claudia Mazzuccato.

Scritto da avvocato Luisa Morelli